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L’energia nello spazio: solare, per forza!

Se qui sulla Terra stiamo facendo fatica a riconvertire la nostra fame di energia dai combustibili fossili a soluzioni che non danneggino l’ambiente, nello spazio c’è poca scelta.

Per arrivarci ci vogliono razzi che di ecologico non hanno proprio nulla, ma una volta lassù in orbita, per quanto riguarda l’alimentazione di ogni dispositivo elettrico, l’unica scelta possibile sono i pannelli fotovoltaici.
La stazione spaziale internazionale
Un primo esempio di utilizzo dei pannelli fotovoltaici lo possiamo trovare sulla Stazione Spaziale Internazionale, un progetto nato da diverse agenzie spaziali come la NASA (Stati Uniti), RKA (Russia), ESA (Europa), JAXA (Giappone) e CSA-ASC (Canada) con lo scopo di effettuare ricerche scientifiche.
Questa stazione viene alimentata da pannelli fotovoltaici, che oltre ad accumulare l’energia elettrica la stabilizzano per essere immessa nella stazione ed essere utilizzata dagli astronauti. L’ultimo segmento dei pannelli fotovoltaici è stato apportato nel 2009, e attualmente è composto da 4 parti che le consentono di avere una potenza elettrica di 260 kW.
Come raggiungere l’orbita terrestre e gli altri pianeti
I razzi chimici, come dicevamo, sono quasi obbligatori. Infatti un sistema di propulsione elettrica non avrebbe abbastanza forza per spingerlo in orbita. Tuttavia sono in corso diverse ricerche sulle alternative, vediamo quali.



Una prima opzione sono gli ascensori spaziali elettrici che aiuterebbero gli astronauti a salire dalla base della terra a 20 km più in alto, da dove gli aerei spaziali potrebbero rifornirsi ed essere ri-lanciati in volo. L’ascensore spaziale comporterebbe un costo inferiore rispetto al carburante utilizzato nei razzi e in aggiunta sarebbe riutilizzabile. Per il futuro, se la tecnologia ce lo consentirà, potrebbe essere una grande opportunità.

In corso di valutazione invece è un sistema di propulsione a energia irradiata: essa viene lanciata da uno o più laser oppure attraverso microonde dalla stazione terrestre a una navicella per dargli una spinta tale che l’aria circostante possa dare energia mentre la navicella si stacca.

Ma una delle alternative più realistiche potrebbe essere un aereo spaziale che usi un motore per razzi sinergico ad aria: un motore aerospaziale nato dalla combinazione delle tecnologie dedicate ai razzi con quelle dedicate ai jet che servirebbe a trasportare le persone nello spazio.

Comunque l’era dei razzi chimici mono-uso sembra vedere la sua fine, causata dall’introduzione commerciale di strumenti riutilizzabili come, ad esempio, lo SpaceX proprio per il lancio dei razzi.
E i satelliti?
Anche i satelliti sono alimentati attraverso celle solari, o in alternativa possono utilizzare batterie o tecnologie nucleari per la produzione di energia necessaria per la loro sopravvivenza e la loro missione.

La NASA sta sviluppando la propulsione elettrica solare (SEP) che lavora utilizzando magnetismo ed elettricità per spingere la navicella nello spazio. I pannelli solari generano elettricità che dà una carica positiva agli atomi, generando un flusso che riesce a farla muovere nello spazio. Il flusso viene movimentato grazie al magnetismo della parte posteriore della camera che attira gli atomi ma che allo stesso tempo viene spinta fuori dal satellite con un sistema di repulsione magnetica.
I progetti per l’utilizzo dell’energia solare accumulata
In Giappone è già dal 2009 che si parla di utilizzare l’energia solare accumulata nello spazio anche per la terra. Sono stati sviluppati diversi progetti, ecco quali.

Il primo progetto per il fotovoltaico spaziale dell’agenzia Jaxa in collaborazione con Mitsubishi prevedeva un pannello quadrato di 2 km per lato, con due facce, quella superiore con i pannelli e quella inferiore con le antenne che possono inviare l’elettricità sulla terra. Sopra di essa vi è una stazione di controllo che fa da contrappeso per farlo rimanere in orbita stabilmente e senza fargli consumare carburante. Il problema di questo progetto però era proprio la stabilità, perché l’orientamento fisso non gli faceva produrre energia in modo costante.



Il secondo progetto che invece migliora il primo che è composto da tre corpi: due specchi riflettenti e al centro un satellite con i pannelli fotovoltaici e le antenne per le microonde. Gli specchi servono per reindirizzare la luce ai moduli fotovoltaici ma serve però un modulo di volo che permetta di rimanere in formazione.

La centrale fotovoltaica spaziale dovrebbe essere installata a 36 km di distanza e si stima che avrà un diametro di almeno 4 chilometri e peserà più di 10mila tonnellate. Essa consentirà di produrre 1 gigawatt di corrente attraverso le microonde.

Anche la Cina invece ha in serbo un progetto simile: l’installazione di un impianto fotovoltaico in orbita, che avrà un rendimento pari a sei volte quello di tutte le centrali solari sulla terra. La Cina è già leader globale per il fotovoltaico e investe annualmente 8 miliardi di dollari per la ricerca spaziale.
A Chongqing sono già iniziate le prime fasi sperimentali e l’obiettivo per il 2025 è di installare un impianto di dimensioni minori ma dimostrativo per poi avere una stazione spaziale che produca energia entro il 2050.

L’industria aerospaziale però non è la sola che può trarre vantaggio dall’impiego di impianti fotovoltaici: anche famiglie e piccole aziende possono abbandonare i combustibili fossili a favore dell’utilizzo di energia pulita autoprodotta.

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